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Quando il silenzio vale più di mille parole

silenzio mille paroleA chi di voi non è mai capitato di accorgersi del silenzio inteso come “mancanza di suoni o parole umane” durante una passeggiata da soli in riva al mare fuori stagione o durante una escursione in alta montagna? In questi momenti non vi è mai capitato di riflettere su una cosa qualsiasi? Il silenzio aiuta la riflessione e durante il debriefing talvolta è una pratica molto conveniente da utilizzare.

Debriefer:…Bene ragazzi come vi siete sentiti? Quali sono le vostre reazioni? …Dai su, non siate timidi cerchiamo di fa uscire le nostre sensazioni…Paolo, che fai ti nascondi? Su…hai niente da dirmi? Paolo: mmmh.. Ok Paolo non mi dice niente…Martina? Tu che mi dici dello scenario fatto?… Martina: mi sento un po’ agitata, confusa e ho una strana sensazione di disorganizzazione…si forse è vero c’è stata disorganizzazione…non so se è vero…è sempre così in queste situazioni

Debriefer: Paolo, di nuovo, ho notato che hai aspettato più di un minuto prima di iniziare la RCP, sappiamo quanto è pericoloso questo comportamento, mi sono meravigliato che tu non abbia cominciato a massaggiare appena hai riconosciuto l’arresto.. sono curioso di sapere cosa ti passava per la mente… Paolo: mmmhh Debriefer: Martina mi vuoi rispondere te mentre Paolo pensa? Martina: Sii.. è vero mmmh..io… cioè non so… Debriefer: nessuno me lo dice di voi altri?… ok allora ve lo dico io….

Talvolta, sicuramente in buona fede hai cercato di stimolare i partecipanti a parlare e questo è sicuramente giusto, soprattutto con le persone più timide, in linea generale ma talvolta può essere di impatto negativo sul fluire del debriefing.

Oggi quindi parliamo del silenzio.

Volevo iniziare da un aforisma che recita: il silenzio del saggio vale più del ragionamento del filosofo. (Joseph Antoine Tousaint Dinouart Amiens, 1716-1786).

Nella nostra società, e così nel nostro lavoro, soprattutto se lavoriamo in una corsia di un ospedale o peggio ancora in un dipartimento di emergenza o in una ambulanza, abbiamo rare possibilità di stare nel silenzio.

Usare il silenzio in ambito comunicativo è una strategia molto importante ma ancora di più significa sapere ascoltare dapprima noi stessi e poi renderci capace di ascoltare consapevolmente gli altri.

La consuetudine al rumore, l’abitudine ad essere continuamente avvolti da suoni, rumori, discorsi e parole ci fa credere che siamo immuni alle conseguenze di questo vero e proprio “bombardamento acustico” e ci fa credere che il rumore sia la normalità ed il silenzio qualcosa di negativo.

Il saper ascoltare, in silenzio, è molto più importante di ogni altro tipo di comunicazione.

Infatti se la comunicazione non è alternata da silenzio e riflessione non è una comunicazione efficace perché viene a mancare la fase dell’ascolto.

Immaginiamo un flusso di parole interminabili non seguite da pause tra loro, questa situazione creerebbe inevitabilmente tensione e confusione nell’interlocutore ed impedirebbe una comunicazione efficace.

Trasferiamo questo esempio durante la fase del debriefing, immaginiamo che il nostro facilitatore inizi a parlare profusamente del fatto o del caso clinico, quale sarà il risultato sul partecipante? Il partecipante all’inizio proverà ad ascoltare poi fingerà di ascoltare e successivamente sarà impegnato a trovare una risposta alla domanda che inesorabilmente gli verrà posta.

Se potessimo vedere questa situazione come privilegiati osservatori “dall’alto” assisteremmo ad una sorta di match di virtuosismo in cui le due persone mostrano grandi abilità verbali ma entrambe sono inconsapevoli di recepire in maniera chiara le informazioni non avendo il tempo necessario per riflettere e metabolizzare.

Si svilupperà in questo caso un crescendo di tensione psicologica che inevitabilmente contagerà anche gli altri partecipanti esprimendosi in alcuni con verbalizzazione confusa e non finalizzata ed in altri sotto forma di “silenzio patologico“.

Il fluire del debriefing potrà rallentare e in una sorta di “para-comunicazione” sarà difficile che affiorino i cosiddetti frame of mind, i processi mentali, dei partecipanti utili per capire la genesi profonda dei fatti.

Non è un caso che la maggioranza delle tecniche di meditazione richiede il silenzio. Il silenzio durante le pratiche di meditazione è sinonimo di ascolto profondo, ascolto incondizionato e libero della propria essenza, libero da disturbi esterni, condizionamenti psicologici e rumori di fondo.

Trovare la centralità attraverso la pratica del silenzio ci rende più consapevoli e bilanciati nel sapere ascoltare e ci porta lungo la strada dell’istruttore consapevole.

Vi invito a leggere a questo proposito sul sito il post sull’istruttore consapevole del dott. Giancarlo Pacifici. Quindi il silenzio come base di partenza per una comunicazione vera ed efficace.

Durante la nostra pratica di debriefer qualche volta non ci si rende conto che incalzare i partecipanti con le domande e soprattutto non permettendo ad essi di prendere il tempo necessario per pensare e rispondere consapevolmente può causare problemi.

Alcuni studi in letteratura mostrano che una pausa di silenzio di almeno 3 secondi aiuta il partecipante a formulare risposte: “pensate”, coerenti, prodotto di una riflessione consapevole.

Inoltre dopo una pausa di silenzio i partecipanti si sentono più confidenti ed esprimono un maggior numero di risposte e talvolta anche in maniera volontaria.

Utilizzando il silenzio si riescono ad invogliare anche i partecipanti meno estroversi ed in generale aumenta la confidenza tra i partecipanti e lo spirito di gruppo.

Sapere ascoltare significa comprendere le esigenze e i bisogni di chi ci sta davanti anche se in quel momento i partecipanti a loro volta non stanno parlando. Si può infatti anche ascoltare insieme il silenzio e attendere che l’alleggerimento delle tensioni porti ad una naturale maturazione della consapevolezza e alla fuoriuscita di una comunicazione costruttiva ed efficace.

Il silenzio però può talvolta incutere esso stesso preoccupazione e timore.

Come utilizzare il silenzio senza renderlo esso stesso fonte di preoccupazione per i partecipanti? Infatti un momento di silenzio non accompagnato da un giusto comportamento non verbale può essere più pericoloso della parola…

La risposta è provare ad adottare un comportamento consapevole, sorridente, rilassato e paziente.

Il sorriso comunica rassicurazione e accettazione. Non aver fretta della risposta, sii paziente e fiducioso che essa arriverà…

Siediti comodo sulla tua sedia e non nervosamente proteso in avanti sullo spigolo, sii coerente con le tue espressioni non verbalinon picchiettare il dito sul tavolo o guardare l’orologio in attesa di una risposta anche se stai sorridendo comodo sulla sedia…

Quindi per esempio se un partecipante non ti risponde immediatamente:

Debriefer: Paolo, ho notato che hai aspettato più di un minuto prima di iniziare la RCP, sappiamo quanto è pericoloso questo comportamento, mi sono meravigliato che tu non abbia cominciato a massaggiare appena hai riconosciuto l’arresto cardiaco. .sono curioso di sapere cosa ti passava per la mente…Paolo: mmmh si, mmmmh infatti…Debriefer: (fai una pausa consapevole di 6 secondi)…Paolo: sii.. certo pensandoci bene… percepivo… un certa disorganizzazione nel team, avevo paura che nessuno si occupasse delle vie aeree perché ho visto che Martina si era allontanata, ero sovrappensiero…ecco cosa è accaduto…

Rilancia e rinforza…

Se anche dopo un periodo di silenzio i partecipanti non rispondono rilancia, chiedi ai partecipanti di elaborare la discussione precedente…

Cosa ne pensate di quello che Martina ha detto prima? Fai una Pausa di 3 secondiPaolo: intendi la confusione o la disorganizzazione? Si…anche io mi sono sentito “disorganizzato”… non ascoltato dagli altri, forse non considerato direi…boh…forse è questo il problema…comunque non mi aspettavo di dover massaggiare io il paziente…

Se anche dopo un periodo di silenzio i partecipanti non rispondono rinforza quello che i partecipanti hanno detto prima, dai un feedback positivo:

Sono d’accordo con Martina che ci ha parlato della sua sensazione di confusione ma soprattutto di disorganizzazione, è vero… il suo è un sentimento chiave in questo caso, ha detto una cosa molto importante, voi cosa ne pensate?

Anche oggi siamo arrivati alla fine, grazie per la lettura e la prossima volta affronteremo più approfonditamente il linguaggio verbale e non verbale del debriefer durante la simulazione.

Chiudo con un altro aforisma: “Il silenzio è una discussione portata avanti con altri mezzi”. (Ernesto Guevara della Serna, Che Guevara, 1928-1967)

Grazie a NASA Technical Memorandum 112192 DOT/FAA/AR-97/6

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Francesco Dojmi di Delupis

Medico di medicina di emergenza-urgenza, esperto di simulazione medica, Human Factors e Crisis Resource Management. Crede che la diffusione della simulazione medica e di un debriefing di qualità possano aumentare la sicurezza globale del paziente e degli operatori sanitari.
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